Archivio | novembre 2012

Cronaca di una magica serata di guerra (e anche di pace) grammaticale


Mercoledì 28 novembre, alle 20.30, nel capiente teatro del Liceo dell’Educandato Statale ‘Agli Angeli’ di Verona, un foltissimo pubblico ascolta le parole di presentazione e saluto della Preside, Augusta Celada; poi tocca alla professoressa Giovanna De Finis che, assieme alle colleghe Barbara Godoli e Lucia Coppari, ha avuto l’idea straordinaria di coinvolgere un giovane regista, dottorando al centro AMA di Siena e studioso di antropologia teatrale, Francesco Puccio, per costruire con ragazzi e ragazze di due classi del liceo, II B e IV E, uno spettacolo dal titolo misterioso, allusivo e intrigante: ‘Domani nella battaglia parla con me ovvero Storia tragicomica di un Bellum Grammaticale’. L’emozione è molta, ma la voce della professoressa è ferma e un silenzio attento e curioso accoglie la formula di rito: che lo spettacolo abbia inizio.
Ma facciamo un passo indietro. Ottobre 2011, Siena, convegno ‘I classici degli altri’ organizzato dal Centro AMA con il MIUR. Fra gli organizzatori, Donatella Puliga, che ha appena pubblicato, con Svetlana Hautala, un libro non proprio di quelli tradizionali: ‘La Guerra Grammaticale di Andrea Guarna (1511). Un’antica novità per la didattica del latino’, ETS, Pisa 2011. Fra i partecipanti al convegno di Siena c’è anche Giovanna De Finis, e fa parte della ‘scena’ anche Francesco Puccio, che legge brani di classici per introdurre i relatori. Insomma, l’idea nasce lì e sembra una scommessa. Un testo latino – certo, tradotto in italiano -, un testo del 1500, che racconta di una strana guerra, grammaticale, appunto, fra due re potenti: il Nome (Poeta) e il Verbo (Amo), che si contendono il primato sul controllo della lingua e quindi del territorio della Grammatica. L’idea di travestire i meccanismi di funzionamento della lingua con una metafora bellica ha in realtà uno scopo didattico, fare appassionare gli alunni (e le alunne) alla lingua latina, provare a insegnare come in un gioco il comportamento di declinazioni, coniugazioni, concordanze, eccetera eccetera, spiegando che tutte le anomalie (le forme mancanti, le forme diverse, le eccezioni) sono il risultato di una guerra feroce, di un bilancio di morti, scomparsi, mutilazioni, che solo un lampo finale di saggezza, affidato a tre insigni umanisti riesce a bloccare, sancendo una pace equilibrata, della quale non dovranno lamentarsi né il nome né il verbo.
Immaginare una drammatizzazione di tale materia forse veniva facile ai tempi di Guarna, quando nei collegi di tutta Europa gli studenti rappresentavano spesso in latino drammi e commedie di vario argomento. Ma oggi? Oggi che, nientemeno, una Pontificia Accademia di Latinità si pone il compito di rilanciare il valore e la funzione della lingua latina?
Ebbene, al Liceo ‘Agli Angeli’ professoresse, studenti, regista, hanno mostrato che basta far lavorare ingegno e fantasia, studio e passione, per costruire un testo e uno spettacolo che hanno entusiasmato e divertito, al di là di ogni aspettativa o positivo pregiudizio genitoriale (ma anche quante nonne e nonni presenti e fratelli o sorelle minori ). Genialità registiche, capacità di valorizzare le diverse competenze di ragazze e ragazzi, dalla pittura alla scenografia, alla danza, all’uso degli strumenti musicali, a vere e proprie prove d’attore/attrice: quella che poteva essere una rigorosa ma asettica messa in scena di un testo si è rivelata, nel corso dei due mesi di lavoro, una vera accademia, un laboratorio che ha affrontato insieme il problema della traduzione, dell’uso del corpo e della voce, della messa in scena, del rapporto fra antico e moderno. La guerra delle parti del discorso, capitanata, nei rispettivi campi avversi, da Nome e Verbo, è stata in parte raccontata da narratrici e narratori raffinati e capaci di tenere sempre desta l’attenzione del pubblico, che ha applaudito a scena aperta quasi sempre; in parte rappresentata, con punte di assoluta comicità: il ‘Signore!’, scandito dagli alleati fedeli a conclusione di elenchi asfissianti di avverbi, pronomi, congiunzioni, interiezioni, come dalle reclute di ‘Full Metal Jacket’ di Stanley Kubrick, rimarrà nel ricordo degli spettatori come esempio di un’idea registica semplice e geniale a un tempo.
Ma non finisce qui: la cura delle luci e delle musiche è stata impeccabile, davvero quasi inesistenti gli inevitabili momenti critici o di stanca, se si pensi all’età di attori e attrici. E poi, la cornice che ha racchiuso la rappresentazione del Bellum Grammaticale vero e proprio.
Una cornice fatta di quadri (non è un gioco di parole), di parole sulla poesia e sull’amore (siamo nella città di Giulietta e Romeo!), di parole urlate dai futuristi. E fatta ancora di ragazze e ragazzi, 9 per la precisione, una regina al centro e quattro membri della corte a ciascuno dei lati. Seduti sin dall’inizio e per tutta la rappresentazione su seggi regali, su un’unica fila, con le spalle rivolte al pubblico e proprio sotto il palcoscenico. Una presenza muta e ferma, che si è animata solo quando la parola Fine, o Pace, sembrava aver chiuso la rappresentazione del Bellum. La Regina Elisabetta I, perché di lei si tratta, assistette alla messa in scena del Bellum Grammaticale a Oxford, nel settembre del 1592. La giovane studentessa/regina Elisabetta I, giusto 420 anni dopo, a Verona, viene informata da uomini e donne della sua corte che una compagnia sta per rappresentare un’operetta di Andrea Guarna, il Bellum Grammaticale. ‘Che lo spettacolo abbia inizio’, scandisce compiaciuta la Regina. E noi, che abbiamo appena finito di vederlo, vorremmo davvero che ricominciasse daccapo. [Gigi Spina]
(Cronaca pubblicata anche sulla pagina fb dell’Associazione AMA )